A. Poma

Introduzione alla Cabala

(articolo tratto dall'Enciclopedia di Filosofia Garzanti - adattamento e revisione di D. Ferrero)

Qabbalah  è un termine ebraico (che significa "ricezione", e, parallelamente, tradizione) designante il complesso delle dottrine esoteriche e mistiche dell’ebraismo. Le dottrine della qabbalah sono esposte in un enorme complesso di scritti pubblicati (si calcola che possano essere due o tremila), in un numero ancora maggiore di manoscritti, e in un vastissimo patrimonio di tradizioni orali. Spesso è difficile o impossibile identificare gli autori di tali opere, e quindi giungere a una datazione sicura, poiché molte di esse comparvero anonime o con attribuzioni leggendarie.

 

1. I metodi della Cabala.

Per quanto riguarda il metodo, la qabbalah si tiene sempre in stretto riferimento, almeno esteriore, con l’originaria tradizione dell’ebraismo. Spesso, anzi, gli scritti cabbalistici si presentano come un’esegesi della stessa Torah (Pentateuco). Bisogna però specificare che la qabbalah distingue diversi livelli di comprensione delle Scritture: vi è un significato esteriore e puramente legalistico della Legge, che ne costituisce la veste esterna; vi è un significato sottostante, più autentico, che ne è il corpo; ma ancora più profondo e autentico è il significato mistico della Legge, che solo i cabbalisti sanno scorgere, e questa è l’anima della Legge; vi è infine un senso intimo ed essenziale, l’anima dell’anima della Legge, che solo alla fine dei tempi sarà svelato. Per comprendere il significato mistico delle Scritture, la qabbalah ricorre spesso a metodi e tecniche complesse, che si fondano sul significato mistico attribuito alle lettere dell’alfabeto ebraico e sul loro valore numerico. Le tecniche più normalmente usate sono tre: notaricon, consistente nel ricavare il significato mistico di una parola usando ciascuna lettera di cui essa è formata come iniziale di un’altra parola; gematriah, che consiste nell’istituire un’equivalenza di significato tra parole formate da lettere i cui valori numerici danno somme uguali; temurah, consistente nello scambio delle lettere dell’alfabeto secondo regole fisse, in modo da trasformare una parola in un’altra. Tutte queste tecniche danno luogo a un’interpretazione allegorica dei testi, consona all’idea di una realtà invisibile, quella divina, di cui la realtà visibile è simbolo mistico.

Nella tavola seguente è illustrata la corrispondenza tra le lettere dell'alfabeto ebraico e i numeri; è su tale corrispondenza che si basa la tecnica della gematriah.

 

La problematica della qabbalah è molteplice e complessa, ma i nuclei fondamentali possono essere ridotti, in termini biblici, all’indagine sul "Dio nascosto" e sul "Dio vivente": da una parte è ampiamente sviluppata la ricerca sull'essenza intima di Dio; dall'altra, la ricerca sul rapporto tra Dio e il mondo. A questi due nuclei fondamentali si collegano numerose altre indagini: dottrine psicologiche, fisiche, etiche, magiche ecc. In genere si distinguono due indirizzi fondamentali nella qabbalah: una qabbalah speculativa, che indaga sui problemi teosofici e cosmogonici, con l’obiettivo fondamentale di giungere alla conoscenza e all’illuminazione sui misteri di Dio e del mondo, e una qabbalah pratica, che indaga essenzialmente sui nomi di Dio e sui misteri delle lettere e dei numeri, con scopi magici.

 

2. La Cabala speculativa

Un testo particolarmente importante per la qabbalah speculativa è il Sefer jezirah ("Libro della Creazione"): si tratta di un'opera molto breve che descrive la creazione del cosmo da parte di Dio attraverso le «trentadue meravigliose vie della Sapienza», che sono le dieci sefiroth, letteralmente "numeri" o "sfere", e le ventidue lettere dell’alfabeto.

La vera e propria qabbalah speculativa ebbe origine nel sec. xii nella Francia meridionale e in Spagna, dove si sviluppò la scuola di Gerona. I fondatori di questa scuola si ispirarono probabilmente alla dottrina di un cabbalista provenzale, Isacco il Cieco, che perciò è da taluni considerato come il vero iniziatore della scuola.

Questa qabbalah speculativa ha sviluppato in opere di grande rilievo molti aspetti fondamentali della dottrina teosofica e cosmogonica, come la dottrina dell’En Sof (Infinito), quella delle sefiroth, dell’Adam Qadmon ( uomo primigenio), della Shekhinah («immanenza divina»), dei quattro universi (il mondo dell’emanazione, aziluth; il mondo della creazione, beri’ah; il mondo della formazione, jezirah; il mondo della produzione, ’asjah), la dottrina delle anime, la metempsicosi e la dottrina del male: dalla sistemazione data da questi mistici a molti dei temi succitati ha preso le mosse la riflessione dello  Zohar o Sefer Zohar (Libro dello splendore), l’opera più rilevante per profondità speculativa, quella che costituisce il fulcro e il culmine della qabbalah medievale. In essa tutti i principali temi della speculazione cabbalistica vengono ripresi e sviluppati in modo sistematico.

Dio, nella sua essenza più intima e nascosta, viene indicato come l’"Infinito" (En Sof), del quale nulla può essere scrutato né detto; perciò egli viene anche indicato come il "Nulla" (Ajin) o, con espressioni più metaforiche, come "la lunga faccia" o "il santo vecchio" e altre. Sotto tutte queste forme si indica misticamente il Dio nascosto, il discorso sul quale non può che restare nella forma della domanda Mi («Chi?»).

 

3. Le "Sefiroth".

Dio, però, è anche un Dio che si rivela attraverso i suoi attributi, le sefiroth. Il termine puh essere inteso nel significato di sfere di emanazione, potenze, manifestazioni di Dio. I cabbalisti elencano dieci sefiroth, che vengono in genere indicate con i seguenti nomi: 1) Corona (Keter); 2) Sapienza (Chokhmah); 3) Comprensione (Binah); 4) Pietà (Chesed); 5) Forza (Geburah); 6) Bellezza (Tiphareth); 7) Vittoria (Netzach); 8) Splendore (Hod); 9) Fondamento (Yesod); 10) Regno (Malkuth). Spesso la prima sefirah (singolare di sefiroth) è identificata con l’En Sof, o comunque la distinzione tra i due termini è molto vaga. Le sefiroth vengono solitamente rappresentate in un diagramma, chiamato l'Albero della Vita, in cui ognuna delle dieci sfere è collegata alle altre da una serie di 22 "sentieri"che corrispondono alle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico. Il diagramma rappresenta simbolicamente la circolazione dell'energia creativa che, partendo dalla Corona (prima sefirah), discende fino al Regno (decima sefirah), cioè al mondo manifesto, attraverso un processo di emanazione successiva lungo i sentieri.

Riportiamo qui di seguito alcune illustrazioni dell'Albero della Vita.

 

Albero della Vita da Oedipus Aegyptiacus di Kircher

 

Albero della Vita con le attribuzioni delle Sefiroth ai pianeti e dei sentieri agli Arcani Maggiori del Tarocco

 

Albero della Vita con i colori delle Sefiroth e dei sentieri

 

Albero della Vita colorato con le attribuzioni del Tarocco ai sentieri

 

I cabbalisti si sono a lungo occupati delle relazioni che intercorrono tra le sefiroth; tra le tante teorie, emergono con maggior evidenza: a) un rapporto tra le sefiroth e i quattro mondi, dell’emanazione (prime tre sefiroth), della creazione (seconde tre sefiroth), della formazione (settima, ottava e nona sefirah) e della produzione (decima sefirah), che dà luogo a un rapporto trinitario all’interno dei primi tre gruppi di  sefiroth; b) l’elemento sessuale, che distingue nei gruppi di sefiroth un elemento maschile (le tre sfere della colonna di sinistra), uno femminile (le tre sfere della colonna di destra) e uno generato dall’unione dei primi due (le quattro sfere della colonna centrale). Le immagini principali usate nella qabbalah per raffigurare il sistema delle sefiroth sono appunto quella dell’albero, di cui l’En Sof rappresenta le radici e la linfa vitale, e i rami le manifestazioni (sefiroth), distinte ma collegate alla radice e tra loro, e quella dell’uomo, che nella sua figura mistica e  archetipica, l’Adam Qadmon, è "immagine di Dio", cosi da poter raffigurare nell’ordine organico delle varie parti del suo corpo le varie sefiroth.

I problemi che sorgono nell' interpretazione del vero significato delle sefiroth sono innumerevoli, e gli stessi cabbalisti si applicarono intensamente alla loro soluzione, giungendo anche a punti di vista differenti tra scuola e scuola. Per quanto riguarda l’analogia della teoria delle sefiroth con quella neoplatonica dell’emanazione, e il carattere panteistico della teoria delle sefiroth, si deve osservare che, sebbene i cabalisti abbiano a lungo discusso sulla natura delle sefiroth come attributi di Dio o come essenze separate, e siano arrivati a conclusioni diverse, la posizione predominante considera le sefiroth come un processo che avviene in Dio stesso, pur dando luogo contemporaneamente alla creazione della realtà cosmica; le sefiroth, dunque, sotto questo aspetto sono da intendersi in modo molto diverso dai gradi intermedi tra l’Uno e il mondo sensibile della teoria neoplatonica dell’emanazione. In secondo luogo, pur essendo presenti nella qabbalah tendenze panteistiche: il processo che si svolge nelle sefiroth è contemporaneamente un processo teogonico e cosmogonico; ma per lo più la concezione cabbalistica resta profondamente teistica, poiché, pur riconoscendo la presenza di Dio in ogni ordine di realtà, essa non trascura mai l’aspetto del Dio trascendente, della sua maestà, e non cade nella concezione impersonale di Dio, propria del panteismo: al contrario, nella qabbalah l’aspetto personale di Dio si realizza tanto più pienamente quanto più si manifesta la sua immanenza nell’uomo e nel mondo.

A questo nucleo di teorie teologiche e cosmologiche si associano, nella qabbalah, un gran numero di altre teorie, di diverso genere, fra le quali merita un cenno la concezione psicologica che afferma la presenza nell’uomo di tre anine: nefesh, l’anima vegetativa, ruach, quella animale, e neshamah, quella razionale, che costituiscono, non solo tre facoltà ma anche tre gradi di perfezionamento del devoto.